Corriere
della Sera Milano, September 26, 2010
Journalist
Luigi Ofeddu interviews David Irving at Hitler's
Headquarters, The Wolf's Lair «Hitler? Un
grande uomo» Il viaggio-provocazione di
Irving Il negazionista guida in Polonia
un gruppo di nostalgici di Luigi
Ofeddu FORESTA DI POZEZDRZE (Polonia) --
«Attenti, c'è un uomo
fra quegli alberi, può essere uno di loro:
lei non ha idea, i miei nemici arrivano
dappertutto». Il professore afferra il
fischietto che porta al collo, e soffia forte:
chiama Jannette, la sua giovane assistente
americana, perché dia un'ultima occhiata nel
bosco. Lei arriva, con un altro fischietto e uno
spray contro le zanzare: i «nemici» sono
loro, oggi. David Irving si riferiva
però ad altro: «ambienti ebraici,
sì, anche se io ho avuto buoni rapporti con
ebrei come Steven Spielberg o Walter
Matthau
». E poi, coloro che lo
chiamano negatore dell'Olocausto: «Io
però non nego. Io s tudio. Mi chi a mi un
cane sciolto, se proprio vuole...». Ma qui nella foresta di Pozezdrze, sui laghi
Masuri, dove si nasconde il quartier generale in
rovina di Heinrich Himmler, a contestare
Irving oggi non c'è nessuno. Gli 11 uomini
che lo seguono in fila indiana fra i larici sono
infatti gli iscritti --2.650 dollari l'uno --al suo
«tour storico» di 8 giorni nei luoghi del
genocidio, nel lager di Treblinka, nella «Tana
del lupo» di Hitler, e così via. Girano
in segreto, spiegano, per evitare incidenti. Della
comitiva fanno parte due signore, che però
oggi sono andate a far compere. E alla Tana del
Lupo, compariranno anche due mai invitati:
poliziotti polacchi in borghese, che fotograferanno
il gruppo da lontano. Gli
11 «turisti» vengono da Germania, Usa,
Gran Bretagna, e così via. C'è anche
un australiano. Uno indossa una camicetta hawaiana,
uno --Leroy, dell'Arizona --il cappellino di un
gruppo cristiano integralista, tutto stampigliato:
la sagoma degli Usa trafitta da una spada posata su
una bibbia, e lo slogan: «Le Sacre Scritture
per l'America». L'australiano raccoglie un
frammento del bunker: «Per
ricordo
». E chiacchiera con un gallese
sulle prospettive dell'eugenetica. Un altro spiega:
«Sapete, tutte le finanze dei re d'Europa le
controllavano loro. Loro, gli ebrei
».
Nei discorsi ricorre poi un «lui»,
Adolf Hitler: «Lui parlava tranquillo,
fuori dai comizi: esiste un nastro con la sua voce
"vera", io l'ho sentito. Lui per l'America è
come Saddam Hussein: ne hanno fatto dei
diavoli». Altre spiegazioni non servono, il
linguaggio è a tratti quello di una
confraternita. L'età media dei «turisti»
è sui 50 anni. Se si chiede loro una foto di
gruppo, scatta il monito: «Sì,
però il professore di faccia, e noi tutti di
spalle». E niente cognomi: temono, spiegano
anch'essi, «i nemici, che sono
organizzatissimi in tutto il mondo». E credono, invece, a quel che dice ora Irving:
«Per questo siamo venuti, per documentarci. Ma
non siamo nazisti». Irving scherza, bussa alla
pietra dello spettrale bunker: «Herr Heinrich,
ci senti? Lo sappiamo che hai fatto tutto tu, e il
Führer non sapeva nulla...». Poi, serio:
«Certo fa impressione star qui, perché
qui vissero alcuni degli uomini più
importanti d'Europa negli ultimi 500
anni...». Irving sta scrivendo le sue memorie
(«Saranno dinamite!») e un libro su
Himmler, e il terzo volume della biografia su
Churchill: dice di avere indizi sul fatto
che Hitler sapeva poco dell'Olocausto. Quanto agli
altri enigmi, la sua versione la condivide ora con
i «turisti»: «La Gestapo? Grandi
poliziotti. Auschwitz? Fino a 300 mila vittime.
Treblinka? Fino a 800 mila... Io non minimizzo,
aspetto smentite. Sono pronto a cambiare idea. Ma
di queste cose non voglio parlare qui in Polonia:
possono arrestarmi, come in Austria». Altre
domande fioccano: «Von Stauffenberg,
l'ufficiale che attentò a Hitler? Un
traditore». E Hitler, Hitler? «Un uomo
grandissimo, uno dei più grandi europei nei
secoli. Però sapeva essere molto crudele.
Non era immorale, ma si circondò di
gentucola. E poi, non seppe fermarsi. Ma per 6
anni, tenne testa a tutte le potenze del mondo.
Proprio come Annibale: solo che nessuno ha
mai negato la grandezza di Annibale». Irving, lui, si presenta invece come un signore
britannico estremamente cortese. Un britannico
stregato da Hitler, e tuttavia non un uomo cui sia
estranea la cognizione del dolore: «La mia
figlia più grande è con gli angeli.
Paralizzata e senza gambe per un terribile
incidente, si tolse la vita poco prima del mio
processo: e nei 14 mesi passati nella prigione
austriaca, non c'è stato un solo giorno in
cui io non abbia pensato a lei». Alla sera, cena tutti insieme in una saletta
dell'albergo, Irving a capotavola. Appena seduti,
una voce forte e chiara fra loro: «Ehi, ma che
odore, qui. Sembra di essere in una camera a
gas». Alcuni tacciono. Diversi
ridono. Journalist
Luigi Ofeddu listens as Local TV team interviews
David Irving at Hitler's Headquarters, The Wolf's
Lair
-
By the same
author, Luigi Offeddu: "A lezione con il
negazionista. Il viaggio di Irving nei
lager"
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